Mi ricordo quando presi uno dei nespoli rachitici che crescevano da molti anni in vaso sul mio balcone, e scesi nel cortile per dargli la libertà. Era disponibile solo un posto in ombra, contro un muro, una piccola striscia di terra: sempre meglio che nel vaso. In ogni caso calcolai, come sempre, la migliore posizione per la messa a dimora, immaginandomi il volume potenziale della chioma: poteva ben svilupparsi tra il vecchio nespolo e la grande magnolia.
Crescita lenta?
Quando penso al nespolo, a quanto sia capace di caratterizzare una casa e il destino che incombe sui suoi abitanti, penso alla “casa del nespolo” dei Malavoglia. Mi ricordo, ma non sono più stato capace di ritrovarne la fonte (probabilmente trattavasi di un commento di qualche critico), che quel nespolo era anche simbolo di lentezza: lento nella crescita e lento nel dare frutti. Vado a riprendere il romanzo e trovo conferma (l’anno del romanzo (1881) poteva lasciare qualche residuo dubbio) che quello non è la specie di nespolo che mangiamo oggi (capitolo quattro: “[…] Il nespolo lasciava cadere le foglie vizze, e il vento le spingeva di qua e di là pel cortile.”): la caducità delle foglie è uno dei tratti che distinguono il linneiano Mespilus germanica, di antica memoria, naturalizzato in alcune zone calde dell’Europa (ma non in Sicilia), con frutti che anche loro esigevano pazienza perché andavano colti dopo le gelate e spesso fatti “marcire” (avvezzare) tra la paglia per un paio di mesi; dal più rigoglioso nespolo di oggi (Eriobotrya japonica), esotico, con frutti più succulenti e pronti subito per il consumo, estivi invece che invernali. Ma la crescita? Secondo i testi che ho consultato non sembra che quello dei Malavoglia fruttifichi poi così lentamente (“6-7 anni da quando è innestato”, quindi da seme forse dieci? In ogni caso in linea con la tendenza degli altri alberi: gli alberi sono più veloci degli uomini, nonostante vivano più a lungo: ci vogliono dieci o più anni prima che possano riprodursi) e non ha neppure la longevità che ci si aspetterebbe da un albero a crescita lenta (solo 60-80 anni). E quello esotico (o meglio ex-esotico) di oggi? In vaso la crescita mi è sempre sembrata lenta, ma lì è sotto tortura…
Lo guardo là sotto per tre o quattro anni: pare proprio, nella sua crescita un po’ stentata, il nespolo del Verga… Poi si accorge della luce oltre il muro, e allora l’esplosione: in altri due anni, il nespolo, impazzito di luce, raggiunge e sorpassa il muro, diventa sei metri, quasi supera il suo vicino più vecchio di vent’anni. Le foglie sono lunghe intorno ai quaranta centimetri (sui libri leggo: “fino a venticinque centimetri”). Quest’anno la sorpresa delle prime nespole (anche nel vaso lo stesso miracolo: e se l’avessi liberato dal primo giorno? ); delle poche arrivo a prenderne solo quattro (senza remore: gli uccelli frugivori del mio cortile non le gradiscono proprio): così dolci al mercato non puoi trovarle. I fiori persistono per più di un mese, ma alla fine provano che le api frequentano il cortile anche in inverno.
Un nespolo giapponese, diffusosi anche nelle grandi città del nord Italia in cui il clima è diventato mite abbastanza per farlo prosperare, non potrà forse riuscire a caratterizzare una casa, a trasformarla nella “casa del nespolo”, ma con i suoi frutti e con la sua forza riesce oggi a darci gioia e a farci riavvicinare alla natura. Questo vuol dire essere più che l’albero della casa.